Abbiamo visto pochissimo del vero Federico Chiesa

News

Il 7 bianconero si è perso tra infortuni e disordine tattico. Ma avremo bisogno di lui

La Redazione13 Mar 2024

6 luglio 2021, ore 22.15 circa: sul prato di Wembley Insigne imbuca per Immobile un filtrante troppo lungo, Laporte ci arriva in scivolata, il pericolo sembra svanire. Ma l'altro esterno della Nazionale ha seguito l'azione e raccoglie la corta ribattuta del difensore spagnolo. Un tocco, poi un altro, poi un altro ancora per sistemarsela sul destro e un ultimo per calciare a giro sul palo lontano e portare gli azzurri in vantaggio. Un gol bellissimo: l'ultima volta - e, forse, anche la prima - che in italia si è registrato un giudizio unanime su Federico Chiesa.

Giudizio che, fino a quel momento, era senz'altro viziato nella mente dei più dalla scelta presa nell'estate precedente: passare, a campionato in corso, dalla Fiorentina alla Juventus. Eppure, sotto la gestione di Andrea Pirlo, Chiesa ha completato la sua migliore stagione a livello statistico. Giocando da esterno di un 4-4-2 che, in fase offensiva, gli permetteva di comportarsi da terzo attaccante, ha realizzato un totale di 15 gol e 10 assist in tutte le competizioni, sfoderando prestazioni da fuoriclasse come a San Siro contro il Milan o nell'ottavo di ritorno contro il Porto.

Tra maggio e luglio del 2021 segna almeno quattro reti decisive: due all'Europeo, una in finale di Coppa Italia e una l'ultima di campionato a Bologna. Federico ha ventitré anni e sembra aver trovato il proprio ruolo: un esterno d'attacco libero di svariare sul fronte avanzato partendo dalla linea laterale; destra o sinistra, in realtà, non importa - Chiesa può segnare, saltare l'uomo e creare pericoli partendo da entrambe le fasce. Sgraziato, ma sorretto da grande esplosività, cattiveria agonistica e ampie riserve energetiche.

Pirlo ha il merito di aver capito come coniugare la propensione offensiva con la generosità del ragazzo, già ampiamente sfruttata dagli allenatori (Montella, Pioli e infine Iachini) che, già a Firenze, lo avevano più volte schierato come quinto oppure esterno di un 3-4-2-1. Non è un caso che, con un terzino alle spalle, Chiesa abbia registrato alcuni dei valori più elevati nella sua carriera per passaggi chiave P90 (1.82), grandi occasioni create (0.69) e dribbling riusciti a partita (57,14%). Tutto lasciava ben presagire, fino all'inizio della stagione successiva.

Con Allegri la partenza non è delle migliori: alla prima di campionato Chiesa parte dalla panchina, la partita dopo viene schierato da punta insieme a Dybala. Poi torna in Nazionale, e da esterno alto va subito in gol. Un piccolo problema fisico gli fa saltare due partite, ma a fine settembre è il migliore in campo di Spezia-Juventus e una sua rete decide la gara casalinga col Chelsea. Tre giorni dopo, nel Derby della Mole, fa di nuovo la punta accanto a Kean, mentre in maglia azzurra gioca e si diverte nel suo ruolo naturale. Avanti così, tra alti e bassi, fino a quello sciagurato 9 gennaio.

Rottura del legamento crociato e stagione finita. Nel frattempo, Allegri passa alla difesa a 3, Chiesa torna disponibile a ottobre ma ritardi di condizione e fastidi al ginocchio ne rallentano il rientro tra i titolari. Il nuovo modulo non lo favorisce, è costretto a modificare il proprio raggio di manovra ed espletare i compiti difensivi richiesti dall'allenatore. Saranno 21 le apparizioni, di cui appena 6 da titolare, addolcite appena da 2 gol e 5 assist. Dentro a uno schema rigido, Federico sembra smarrito, perde continuità e sicurezza, schiavo della propria ingovernabilità tattica.

Quest'anno era partito bene: 4 gol nelle prime 5 di campionato, tanto entusiasmo, il lavoro paga. Poi, un nuovo problema muscolare a inizio ottobre gli ha fatto perdere qualche partita, ma non solo. L'uno-contro-uno è spesso prevedibile (41,67% di dribbling riusciti P90), fondato su uno "strappo improvviso" che oggi risente di una somma di infortuni. La condizione fisica precaria ne sta minando anche il contributo difensivo: i duelli totali nei 90 minuti sono al minimo storico (8.54), così come i duelli aerei (0.29, di cui nessuno vinto) e gli stessi tackle (meno di uno a partita: 0.88).

A quasi 27 anni, Federico non ha rispettato le aspettative che gli son piovute addosso ancor prima che contribuisse alla vittoria dell'Europeo. La storia recente, tuttavia, ci insegna che un calciatore può  raggiungere il proprio apice anche in età acanazata - è il presente, semmai, a preoccupare. Spalletti dovrà presto scegliere chi convocare per Germania 2024 e difficilmente il modulo della Nazionale girerà intorno a Chiesa. Ma il valore assoluto del ragazzo è indiscutibile, e chissà che non sia di nuovo la maglia azzurra a donargli la propria identità.